Studi e Ricerche

Italian Biotecnology Report, Assobiotec –Farmindustria- Ernst & Young, 2012

L'edizione 2012 del Rapporto sulle Biotecnologie in Italia, oltre a riportare i principali dati del settore per il 2011, è arricchita da un'analisi dei suoi trend evolutivi in relazione agli aspetti emersi e delineati nel Rapporto precedente.

 

 

Sommario

La Ricerca si basa su una rilevazione condotta nel 2011, in Italia, su 394 imprese di biotecnologie impegnate in attività di ricerca e sviluppo. Di queste, ben 248 rientrano nella definizione di pure biotech, ovvero di imprese che hanno come core business attività legate esclusivamente alle biotecnologie.

Le imprese biotech italiane hanno dimostrato di potere competere sul mercato internazionale. L'Italia si classifica alla terza posizione, in Europa, dopo la Germania e il Regno Unito, per numero di imprese di pure biotech. A questo, si evidenziano anche maggiori incrementi percentuali degli investimenti in R&S, assieme a un ulteriore aumento dell'incidenza di tali investimenti sul fatturato.

Le biotecnologie rappresentano un insieme di tecnologie abilitanti che trovano applicazione in vari settori industriali ed economici e rientrano nelle Key Enabling Technologies (KET).

Infatti, sono sempre più numerose le aziende che, pur operando in settori "tradizionali" integrano prodotti e tecnologie biotech nei propri processi produttivi, al fine di migliorarne la qualità e la resa, o di diminuirne l'impatto ambientale. Nessun processo produttivo risulta, infatti, meno invasivo sull'ambiente di quello dei processi naturali dai quali, non a caso, le biotecnologie originano (la produzione di antibiotici per via fermentativa ha ridotto del 50% il consumo di energia e del 65% le emissioni inquinanti).

In Europa si parla sempre di più di bioeconomia riferendosi a un modello di sviluppo sostenibile, all'interno del quale trova ampio spazio la produzione di biomasse e la loro conversione in un'ampia gamma di prodotti industriali, dall'energia alle materie plastiche, dalle sostanze per i settori alimentare e della salute alle fibre tessili.

L'OCSE presume che nel 2030 le biotecnologie per la salute umana potrebbero essere superate dalle biotecnologie industriali e agroalimentari, che varranno per il 75% del valore aggiunto lordo dell'intero settore biotecnologico.

 

Molte biotech sono localizzate all'interno di Parchi Scientifici e Tecnologici che favoriscono la creazione di autentici poli di innovazione dedicati alla R&S, soprattutto in ambito Life Science, e agiscono in questo modo da intermediari tra la domanda di competenze e l'offerta di innovazione e risorse finanziarie.

 

Indice dei contenuti
  • Introduction
  • Executive summary
  • Methodology
  • The system of biotech compagnie in Italy
  • Innovation for sustainable growth
  • Red biotech
  • Green biotech
  • White biotech
  • Scientific and Technological Parks
  • International benchmarking
  • Appendix

 

Conclusioni

Attive nei settori della salute, dell'agroalimentare e in campo industriale, le biotech italiane confermano la capacità di trasformare l'eccellenza della ricerca in nuovi prodotti e servizi, e costituiscono una realtà estremamente dinamica e competitiva, in grado di superare la ciclicità che caratterizza altri comparti industriali.

Il benchmarking dei dati italiani con quelli elaborati a livello europeo, evidenzia come l'Italia sia uno dei quattro paesi nei quali si osserva un
aumento del numero delle imprese pure biotech. Questo successo è riconducibile alla crescita nel volume degli investimenti di Venture Capital, (quasi raddoppiati nell'ultimo biennio), anche in considerazione del ruolo fondamentale che questi investitori di Private Equity (PE) svolgono nel consolidare l'innovazione in nuove iniziative imprenditoriali.

Per quanto riguarda gli accordi di alleanza strategica con altre imprese del settore, il loro valore complessivo a livello europeo è diminuito, anche se si evince che circa il 35% delle pure biotech italiane persegue opportunità di co-development e di oltre il 20% all'out-licensing (da sottolineare che il 2011 ha visto fallire un certo numero di accordi, prima che i relativi progetti di ricerca si fossero conclusi e deve essere ricordato quanto sia importante selezionare il partner giusto non solo sotto il profilo tecnico-scientifico ma anche in termini di equilibrio negoziale).

Altri studi recenti hanno evidenziato come, nel 2011, il capitale derivante da operazioni di M&A abbia superato quello raccolto da investimenti di VC. Pur trattandosi di un trend ovviamente non sostenibile nel lungo periodo, il dato mette in evidenza lo straordinario valore delle operazioni di M&A finalizzate in ambito biotech nel 2011.

Mentre a livello europeo si prevede una crescita del numero di operazioni di M&A anche per il 2012, tale forma di finanziamento non sembra rientrare, stando alle opinioni raccolte con il questionario di Ernst & Young, tra le opzioni prioritarie delle pure biotech italiane.

 

Note

Il Rapporto è scaribile sul sito: http://assobiotec.federchimica.it/

Mercoledì, 12 Settembre 2012